Con via Mirabella siamo nel cuore di Ortigia; e’ una strada stretta, ma zeppa di bellissimi palazzi del 700.
Uno di questi e’ il palazzo Bongiovanni il cui piano nobile e’ chiuso, perché cadente da oltre trent’anni.
Voleva acquistarlo il Circolo Unione abituato ai fasti di palazzo Francica Nava; ma poi prevalse il senso del risparmio e “il circolo dei nobili” fini’ in un condominio.
Oggi ha acquistato l’intero palazzo un gruppo toscano che e’ il proprietario dell’Algila, un albergo che gli sta di fronte, perché vuole ampliare i suoi posti letto.
Non e’ facile il restauro di un palazzo antico sia per fatti tecnici perché ci vogliono maestranze specializzate, sia per la necessità di sapienti intuizioni dell’architetto che ci mette mano perché senza stravolgere l’impianto originale possa rapportare gli ambienti restaurati alle esigenze del committente.
Pare che per palazzo Bongiovanni tutte le difficoltà siano state superate; almeno per quello che si vede dalla strada.
Io ci passo davanti due volte al giorno e quindi mi sono visto i restauri che mi si sviluppavano davanti agli occhi.
Non poca e stata la mia sorpresa quando una bella mattina ho visto due belle ragazze in jans, maglietta “Versace” ed elmetto da muratore che arrampicate su ponteggi scalpellavano facciata e capitelli dei meravigliosi balconi del palazzo.
Mi sono incuriosito e così sceso da macchina mi sono fermato a rubare notizie.
Le ho avute da Nuccio Forte,il responsabile dell’impresa che ha l’appalto dei lavori, ma che ha una grandissima esperienza in fatto di restauri di antichi siti; mi ha spiegato con orgoglio che le due ragazze appollaiate sui ponteggi sono due dottoresse perché laureate in scienze del restauro e che erano bravissime.
Il risultato e’ sotto gli occhi di tutti perché la facciata è ritornata a splendere, perché Palazzo Bongiovanni appartiene a quell’élite di palazzi come quello Rizza di via Maestranza ove nacque mio padre, che può vantare splendidi balconi che sono delle piccole opere d’arte.
E per tornare a palazzo Bongiovanni, il suo splendore e’ esploso quando da appena ieri sono state installate le inferriate dei balconi, tutte nuove di zecca ma che sono identiche e precise e con la patina di antico di quella che si son dovute buttare perché tre secoli di esposizione alla corrosione del mare le avevano ridotte a cartapesta.
Anche queste con orgoglio mi diceva il geometra Forte erano frutto del lavoro di un’officina artigiana della Città, quella di Alota e Pannuzzo.
L’orgoglio di Nuccio Forte e’ anche il mio di ortigiano d’hoc ,ma deve essere l’orgoglio di ogni siracusano.
Abbiamo architetti come Manuel Giliberti che ha redatto il piano di restauro, abbiamo imprese come quella di Nuccio Forte, abbiamo giovani tecnici come le dottoresse Rosolia Manzella e Giuseppina Adamo, le due scalpelline, fabbri come Alota e Pannuzzo e quindi con le nostre intelligenze locali abbiamo dimostrato di poter mettere mano con successo ad ogni grande opera di restauro.
I privati hanno fatto quello che non fece Roberto Visentin con il suo assessore ad Ortigia, Ferdinando Messina, che guarda caso lavora alla sovrintendenza dei beni culturali: nemmeno ci tentarono di far eseguire il restauro dei dipinti ottocenteschi del Teatro Comunale ai giovani restauratori di Siracusa; vennero dal continente! Ed erano soldi di Siracusa; quelli di palazzo Bongiovanni sono invece soldi toscani!!
Eppure ne abbiamo poco più di una mezza dozzina e tutte di grande levatura, e fra queste ci includo mia figlia.
E’ consequenziale a questo punto pensare a tutti i meravigliosi palazzi che abbiamo in Ortigia e che sono chiusi e sbarrati alcuni da quasi mezzo secolo.
Mi riferisco al vecchio Ospedale di via delle Vergini, al vecchio Distretto Militare, o al vecchio carcere chiuso da 24 anni e potrei continuare con un lungo elenco di palazzi abbandonati. E’ vero che la proprietà appartiene ad enti uno diverso dall’altro: il vecchio ospedale all’ASP, il Distretto al Ministero della Difesa, il vecchio carcere alla Provincia, ma un sindaco che ci sa fare, innanzi tutto dà una destinazione a questi siti – per carità che non parli di centri culturali o polivalenti, che denotano un vuoto culturale e di materia cerebrale – e poi coinvolge gli enti proprietari e cerca nel mondo della finanza gli investitori.
Per un attimo pensiamo ai milioni che ci vogliono investire nella contestatissima “Pillirina”; se questi soldi fossero investiti nel vecchio Ospedale, magari per un centro congressi, vi immaginate che salto farebbe l’economia della nostra Città.
Nel nostro piccolo mi auguro che Garozzo segua le orme del suo Renzi che va a scovare gli investitori in Cina ed in Brasile. Cercar non nuoce, e non costa niente.
Titta Rizza